S. Remigio, Turano

Località: Turano, struttura non più esistente
Datazione: sec. XII-XV,

Notizie storiche
La strada di san Remigio è ad oggi l’unica traccia di questa antica cappella, che troviamo riprodotta nell’acquerello di inizio Seicento raffigurante l’area di Turano, nelle prime pendici della collina ai cui piedi passava la via pubblica, denominata dalla metà del XVI secolo Francigena Romea, strada che collegava l’abitato di Massa con Avenza e Montignoso.
Nulla sappiamo delle sue origini, ma non è da escludere che fosse collegata alla curtis Valcari, proprietà fondiaria della famiglia lucchese dei Cunimondinghi sita a Montepepe, ceduta nel 1083 al monastero di san Venerio del Tino, per volontà di Ermengarda, una figlia dell’obertengo Alberto Rufo signore di Massa, sposa di un Cunimondingo.
La prima attestazione della chiesa è del 1148, quando nella Bolla di papa Clemente III alla badessa di san Martino di Gello (Camaiore), monastero benedettino che veniva preso sotto la protezione della Santa Sede, si confermano tra le proprietà situate presso Massa del Marchese la chiesa di san Remigio, la chiesa di san Pancrazio, e i beni donati da Iolitta e Sigefrido da Bozano. Iolitta del fu Ubaldo (attestata nel periodo 1078-1094) apparteneva alla consorteria degli Upezzinghi.
Questo è il solo documento che fa riferimento alla presenza di due cappelle, san Remigio e san Pancrazio; non è da escludere che in qualche momento venissero unite. Certo è che l’estimo di Massa del 1398-1401 ricorda la sola chiesa di san Remigio, la quale però, oltre ai beni situati nella pianura di Turano, possedeva anche due pezzi di terra nella località denominata San Pancrazio. Qui si trovavano anche una selva con 72 castagni che confinava con la chiesa, alcuni casalini, una vigna, il bosco comunale ed il canale di san Remedio. E’ probabile perciò che le due cappelle fossero molto vicine; ma già alla fine del ‘300 di san Pancrazio rimaneva solo la denominazione alla località.
L’unione perciò dovrebbe essere precedente al 1285, quando la chiesa viene ricordata con la doppia intitolazione, chiesa che, nello stesso anno 1285, risulta officiata da un rettore- cappellano. San Remigio, in quanto membro del monastero camaiorese, ne segue le vicende; nel 1320 novembre, le 17 monache agostiniane di san Marco di Lucca o del Sacco supplicano la badessa del convento di Camaiore di accoglierle con i loro beni, non conventualiter , ma singulariter.
Esente nelle decime di fine ‘200 dove è ricordato come ecclesia santi Remedii di Massa, e del 1303-04 (cappella santi Remedii), è certamente officiata a fine ‘300; infatti l’ 8 giugno 1372 la badessa Colomba, della nobile famiglia lucchese dei Guidiccioni, conferma la nomina del rettore e cappellano di san Remigio e Pancrazio, Bartolomeo Parducci; la cappella era allora vacante per la revoca di Francesco Savarigi fatta dal vicario del Vescovo di Luni.
Il monastero di Gello, che nel 1382 contava solo 5 monache, probabilmente a causa delle pestilenze, nel 1405 fu accorpato al monastero di santa Giustina di Lucca e, al 1454 giugno 26, risale l’ultima notizia rinvenuta nel fondo archivistico di santa Giustina: una lettera di Niccolò V che incarica il pievano di Montignoso di comporre la lite tra la badessa di santa Giustina e prete Giovanni di Iacopo Stefano della diocesi di Luni, a causa di san Remigio.
Nel 1461 febbraio 19, Taddea Malaspina, marchesana di Fosdinovo, volendo erigere a Massa una casa per abitazione dei frati minori, ordine non presente nella località, chiede il permesso di costruirla presso la chiesa di san Remigio extra muros, dove-precisa- ci fu in certo monastero di suore benedettine, trasferitesi a causa delle guerre in altri monasteri, ora beneficio secolare. La marchesa aggiunge di voler riparare la chiesa e le case per uso dei frati e, se necessario, farne di nuove, avendo il rettore della chiesa , Giacomo di Stefano Minote, rinunciato spontaneamente al beneficio. L’autorizzazione papale prevedeva la possibilità di riparare e ampliare l’edificio, dotandolo di un piccolo campanile, chiostro, cimitero, orto e ortaglie.
E’ questa la sola traccia dell’esistenza di un monastero femminile, a meno che i Malaspina, recenti signori di Massa, fossero stati tratti in inganno dalla dipendenza di san Remigio dal monastero benedettino di Gello e dalla presenza dei resti di san Pancrazio.
La costruzione del convento dei minori non venne portata avanti a causa del sito “poco idoneo”; nel 1476 la marchesa Taddea venne autorizzata a vendere i beni della cappella che rendevano 13 fiorini l’anno, per costruire il convento (oggi chiesa cattedrale) nel borgo di Bagnara, a due passi dal palazzo ducale e dal castello.
Il sito di san Remigio, di proprietà della Camera, fu assegnato alla fine del Cinquecento alla famiglia Covaccia.
(Franca Leverotti)

Bibliografia
G. MATTEONI, Guida delle chiese di Massa Lunense, 1879
O. ROCCA, Massa di Lunigiana nella prima metà del sec. XVIII, Modena, 1906

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